Commodity: Prodotto generico ampiamente disponibile sul mercato che, per la sua natura, non si differenzia da quelli concorrenti agli occhi dei potenziali clienti.

Una commodity è, dunque, un bene indifferenziato, ossia un prodotto facilmente intercambiabile in termini di prezzo e di qualità con altri prodotti della stessa categoria merceologica; per esempio gas e petrolio, oppure i prodotti agricoli come cereali e derivati o altre materie prime come caffè, zucchero ecc.

A causa dell’uniformità prestazionale dei prodotti, il mercato delle commodity è caratterizzato da una forte prevalenza del prezzo sulle altre variabili del marketing mix. Per questo, nei momenti di maggior concorrenza o per l’agire aggressivo di un produttore, si avrebbero ricorrenti battaglie sul prezzo con la tendenza storica al ribasso. Onde evitare questa propensione, che nel lungo periodo danneggerebbe tutti i produttori, si formano cartelli che cercano di controllare l’offerta assegnando un prezzo comune e quantità fisse di produzione ai diversi produttori. Ad esempio, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec).

La commoditization dei prodotti

Da evidenziare che una serie di prodotti che in passato erano visti come commodity sono diventati con il tempo differenziati grazie al consolidamento di brand forti all’interno della categoria di prodotto; si pensi ad esempio a Lavazza o Illy per il caffè. In tali casi, evidentemente, i consumatori non basano la propria scelta sulle caratteristiche del prodotto in sé, come tipicamente avviene per le commodity, ma effettuano un vero e proprio investimento cognitivo in virtù del coinvolgimento psicologico nell’atto d’acquisto.

L’estrema differenziazione dell’offerta di beni e servizi che caratterizza l’odierno contesto di mercato è, d’altra parte, all’origine del c.d. fenomeno della commoditization dei prodotti: quel processo attraverso il quale si determina, per un prodotto o un servizio di un dato mercato, una drastica perdita di differenziazione significativa rispetto ai prodotti concorrenti. In altri termini, il prodotto o il servizio offerto dall’impresa diventa col passare del tempo ampiamente disponibile e interscambiabile con altri beni o servizi forniti da altre aziende competitor; ciò implica che al momento dell’acquisto i consumatori basano le loro decisioni esclusivamente sul prezzo e così il prodotto si trasforma in una commodity, con conseguente riduzione dei margini di profitto di tutte le aziende che operano nel settore.

Il commodity approach come approccio distributivo

Commodity approach: approccio distributivo basato sulle caratteristiche oggettive del prodotto che classifica i beni in funzione delle loro necessità distributive. Si fonda sul presupposto che le modalità distributive e le strutture dei canali dipendono dalle caratteristiche fisiche dei beni e dalle politiche di marketing adottate.

Aspinwall (1962), tra i più autorevoli teorici del commodity approach, propone una classificazione distributiva dei beni in funzione della loro frequenza di riacquisto; sono presi in considerazione anche altri fattori aggiuntivi che sono inversamente correlati alla frequenza di riacquisto: il margine lordo, l’entità dei servizi richiesti, il tempo richiesto per trovare informazioni sul prodotto o per l’acquisto e il consumo del prodotto stesso. Più nel dettaglio, l’autore individua tre categorie di prodotto, ciascuna delle quali presenta specifiche modalità distributive:

– i beni rossi (red goods), che sono caratterizzati da un’elevata frequenza di riacquisto e bassi livelli degli altri fattori. Implicano una domanda di servizi commerciali basici, dal momento che il processo di acquisto è semplificato e veloce; per questo tali beni sono distribuiti in maniera estensiva, attraverso canali indiretti lunghi (modello della distribuzione generalista, a bassa marginalità e basso coefficiente di servizio, normalmente a libero servizio).

– i beni gialli (yellow goods), che sono caratterizzati da una bassa frequenza di riacquisto e alti valori per le altre variabili. Implicano una domanda di servizi più complessa, in quanto il processo di acquisto è lungo e articolato; questo comporta che la loro commercializzazione passa attraverso logiche distributive di tipo selettivo, attraverso canali diretti o indiretti corti (modello della distribuzione specializzata, ad alta marginalità e alto coefficiente di servizio, normalmente a servizio assistito).

– i beni arancioni (orange goods), che si configurano come una categoria intermedia e conducono tipicamente a un approccio distributivo di tipo multicanale.

Dal commodity approach al consumer approach

Negli stessi anni in cui si diffonde il modello del commodity approach prende piede anche un approccio distributivo alternativo, definito consumer approach, che propone una classificazione dei beni di consumo non più basata sulle caratteristiche del prodotto ma sul comportamento di acquisto del consumatore e, in particolare, sul bisogno informativo del consumatore stesso. Più nel dettaglio, in relazione alle modalità e alle abitudini di acquisto dei consumatori possiamo distinguere i beni di consumo in:

– beni di largo consumo ad acquisto corrente (convenience goods): beni di consumo acquistati frequentemente, rapidamente e con un minimo sforzo di comparazione e di acquisto (detersivi, generi alimentari ecc.);

– beni ad acquisto saltuario e ponderato (shopping goods): beni di consumo che al momento dell’acquisto, vengono comparati con altri per qualità, vantaggi, prezzo e stile (automobili, gioielli, articoli d’abbigliamento, elettrodomestici ecc.)

– beni speciali (specialty goods): beni di consumo, acquistati da un ragguardevole numero di consumatori con una precisa determinazione, che presentano caratteristiche uniche e/o d’identificazione di marca e che richiedono un particolare sforzo d’acquisto (impianti hi-fi, materiali e apparecchiature fotografiche, alcuni tipi di automobili, prodotti alimentari altamente specializzati ecc).

 

Commodity significato

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