GDO: Grande distribuzione organizzata. Tipologia di vendita al dettaglio di prodotti di largo consumo, realizzata tramite una serie di punti vendita gestiti a libero servizio, organizzati su grandi superfici e, generalmente, aderenti ad un’organizzazione o ad un gruppo che gestisce più punti vendita contrassegnati da una o più insegne commerciali comuni (la c.d. catena distributiva).

Nella GDO rientrano sia le grandi catene di distribuzione caratterizzate dalla gestione unitaria e dall’appartenenza a una medesima proprietà (grande distribuzione) sia le organizzazioni di dettaglianti che si associano in varia forma come consorzi e cooperative di consumo (distribuzione organizzata).

Nel settore della GDO operano una serie di attori con caratteristiche e formule organizzative molto variegate. Con specifico riferimento al formato, gli esercizi commerciali facenti parte della GDO vengono suddivisi e raggruppati in quattro tipologie, che si differenziano tra di loro per dimensione, ampiezza e profondità degli assortimenti, posizionamento di prezzo, caratteristiche espositive, presenza di banchi per i prodotti freschi, disponibilità di parcheggi e ulteriori servizi resi al consumatore. Le principali tipologie di punti vendita al dettaglio sono:

1) supermercato: punto vendita al dettaglio di prodotti alimentari o grocery, organizzato prevalentemente a libero servizio; dispone di una superficie di vendita superiore ai 400 mq e di un vasto assortimento di prodotti di largo consumo ed in massima parte preconfezionati, nonché, eventualmente, di alcuni articoli non alimentari di uso domestico corrente.

2) ipermercato: dispone di una superficie di vendita superiore ai 2.500 mq, di un vasto assortimento di prodotti (alimentari e non), di un parcheggio per la clientela. All’interno degli ipermercati viene ulteriormente distinto il segmento degli iperstore, compreso tra i 2500 e i 4000 metri quadrati.

3) libero servizio (superette + minimarket): punto vendita al dettaglio di prodotti alimentari o grocery organizzato come un supermercato, con libero servizio e pagamento all’uscita. Si distingue dal supermercato per la superficie, che è compresa tra i 100 e i 400 mq. Svolge un servizio di prossimità offrendo una gamma relativamente ampia, ma generalmente poco profonda di prodotti alimentari.

4) discount: dispone di una superficie di vendita generalmente compresa tra i 200 e i 1.000 mq e di una gamma di prodotti alquanto limitata che esclude, nella maggior parte dei casi, il reparto freschissimo e i prodotti di marca (selezione di poche marche con alta rotazione). Questa tipologia di punti vendita differisce dalle precedenti per l’utilizzo di attrezzature espositive molto semplici, per la rapida rotazione dello stock e per la fornitura ai clienti di un servizio ridotto. Tali fattori rientrano in una generale politica di riduzioni di costi che consente ai discount di posizionarsi a un livello di prezzo inferiore rispetto alle altre categorie di punti vendita.

La realtà delle vendite a dettaglio, inoltre, è andata sempre più diversificandosi: ai consueti canali di distribuzione al dettaglio si sono ormai da tempo aggiunti:

centri commerciali, mall e outlet: sono localizzati, tipicamente, in zone suburbane, caratterizzate dalla presenza di più unità di vendita commerciale despecializzata e di grandi dimensioni (ipermercati e supermercati, grandi magazzini, che forniscono – nel loro insieme un mix di prodotti vasto e articolato).

negozi specializzati, con grandi superfici e vasto assortimento di prodotti shopping e specialty. La tecnica di vendita è di tipo misto: self-service con assistenza del personale di vendita su richiesta.

L’evoluzione della GDO

La distribuzione moderna ha avuto un notevole sviluppo in Italia da quando è nata negli anni Sessanta con l’obiettivo di eliminare un ricarico nel canale distributivo. Tale sviluppo è avvenuto a scapito della distribuzione tradizionale, nella quale si è registrata una progressiva riduzione dei consumi (in termini di volume) nel tempo; molti dei tradizionali esercizi commerciali di vicinato, infatti, hanno ceduto la propria licenza alle catene distributive o si sono essi stessi trasformati in punti vendita della GDO, modificando il format distributivo, la formula organizzativa e i criteri gestionali. Fino a che la rete distributiva era prevalentemente costituita da piccole imprese a conduzione familiare, tra produzione e distribuzione non esisteva nessun problema di rapporto, anche perché il potere contrattuale era in mano all’industria. Tuttavia, con la crescente concentrazione nel tempo del settore distributivo e il conseguente rafforzamento del potere di mercato delle principali catene distributive, questa situazione muta radicalmente generando uno sbilanciamento del potere contrattuale a favore della GDO nella fase di acquisto dei prodotti. Tale squilibrio si estrinsecherebbe, secondo quanto riportato dall’indagine conoscitiva condotta nel 2010 sulla GDO dall’AGCM, nella frequente imposizione, da parte della grande distribuzione, di condizioni contrattuali ritenute “non eque” dai produttori. Tali condizioni non si esaurirebbero nella definizione del prezzo di acquisto del prodotto e degli sconti di natura commerciale, ma comprenderebbero anche la richiesta di ingenti importi da versare alle imprese della GDO a titolo di remunerazione dei servizi di distribuzione (listing fees, contributi promozionali, compensi per esposizione preferenziale, per servizi di centrale, ecc.), tutti complessivamente indicati con il termine trade spending.

In termini generali, per quanto concerne il marketing nel settore della GDO, si distingue tra trade marketing, applicazione delle regole del marketing da parte delle imprese produttrici nei loro scambi con le imprese di distribuzione commerciale, e retail marketing, a sua volta, l’attività di marketing svolta dalle imprese di distribuzione nei loro scambi con gli acquirenti finali.

 

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