Marketing internazionale. Insieme delle attività di marketing realizzate dall’impresa per incrementare o ottimizzare la propria presenza nei mercati esteri. Nel suo significato più ampio, comprende ogni altra forma di coinvolgimento in mercati diversi da quello nazionale come tutte le forme di esportazione.

I metodi di approccio ai mercati esteri possono essere diversi e dipendono dagli obiettivi che l’impresa si pone per ogni singolo paese e dal ruolo che l’attività internazionale nel suo insieme ricopre nella strategia generale. Esso può essere meramente sussidiario o complementare al mercato domestico, oppure rappresentare un potenziale vero e proprio ed essere considerato come una opportunità indipendente.

In pratica ogni mercato si presenta rispetto all’azienda con un proprio peculiare insieme di rischi e di opportunità. L’ impresa cercherà di raggiungere un “portafoglio di mercati” all’interno del quale vi sarà una gerarchia di importanza e una diversa assegnazione di obiettivi e risorse. La posizione di ogni mercato sarà determinata dal grado di sviluppo economico del paese, dalla legislazione che regola i rapporti economici fra i due paesi, dalla conoscenza dell’ambiente socio-culturale di quel paese da parte del management e così via.

Per esempio, l’impresa può considerare i paesi dell’UE come estensione del mercato domestico, quindi di importanza fondamentale e perseguire obiettivi e attuare una strategia simile a quella del mercato originario; gli altri paesi europei non appartenenti all’UE e il Nord America come “complementari importanti” nei quali è necessaria una presenza continuativa anche adottando politiche di dumping; gli altri mercati come marginali nei quali intervenire solo in caso di particolari condizioni favorevoli.

I fattori all’origine del marketing internazionale

Le ragioni dell’intervento in mercati diversi da quello d’origine derivano da due condizioni generali: la prima è che l’impresa può essere spinta nel mercato internazionale dalla modesta entità del potenziale del mercato interno. È stato dimostrato che le dimensioni dell’impresa e le quantità cumulate prodotte inducono una diminuzione nei costi dovuta all’effetto di scala e alla curva di esperienza. In altre parole, per mantenere la propria competitività, soprattutto in un mercato aperto, l’impresa tende ad aumentare le proprie dimensioni e di conseguenza ricercare sbocchi di mercato in un contesto più vasto. La seconda condizione si verifica quando l’impresa, pur non avendo ancora esaurito la penetrazione nel mercato domestico, può essere attratta da allettanti opportunità offerte da mercati esteri. La decisione di internazionalizzare l’attività di marketing comporta l’accettazione iniziale di un maggior grado di rischio a causa di due fattori fondamentali:

1) la mancanza di informazioni: l’impresa non conosce gli operatori economici dei vari paesi, non è perfettamente al corrente dei regolamenti commerciali, della legislazione sul lavoro e sugli investimenti e soprattutto non percepisce nella giusta misura i valori socio-economici, le abitudini e attitudini dei consumatori, ecc. che agiscono sul comportamento dei potenziali clienti.

2) le capacità tecniche del management: può succedere che siano necessarie alcune capacità che non sono attualmente alla portata dei dirigenti. Le difficoltà aumentano per beni complessi in cui il servizio fornito è parte rilevante dell’offerta. Si pensi alle imprese che operano nel campo dell’impiantistica e della vendita di tecnologie per le quali il valore intrinseco del bene venduto (ad esempio, un piccolo impianto) è minore rispetto al valore dell’ingegneria, del montaggio, dell’avviamento; fasi per le quali è necessario avvalersi di risorse locali (a partire dal personale) che hanno caratteristiche e capacità anche molto diverse da quelle abituali per l’azienda.

Le strategie di marketing internazionale

Una politica di marketing internazionale può essere attuata in forme diverse: con l’esportazione, con la cessione di licenze e con la produzione all’estero. Questa successione di strategie comporta una crescita di impegno, rischio e possibilità di profitto. Vediamo qui di seguito di entrare nei dettagli di queste tre strategie:

A) L’esportazione

È la più semplice e più comune attività di marketing internazionale; consiste semplicemente nell’offerta dei prodotti dell’impresa in uno o più mercati esteri. Per l’attuazione di questa strategia, la prima scelta che l’impresa deve compiere riguarda l’utilizzazione di intermediari commerciali diretti o indiretti. Tale decisione sarà presa sulla base dell’obiettivo che si intende raggiungere e sulle risorse disponibili per l’attuazione delle strategie di marketing. In particolare, gli elementi chiave che influiscono su tale scelta sono: la disponibilità di intermediari; il loro costo; le funzioni che essi svolgono; il grado di controllo che l’impresa esportatrice può esercitare sull’attività degli intermediari.

L’ esportazione indiretta è più frequente nelle imprese che stanno iniziando un’attività di esportazione, perché comporta minori costi e rischi. Le principali figure di intermediazione commerciale internazionale sono:

– la casa commerciale di esportazione (trading company), che opera in nome proprio acquistando dal produttore domestico e vendendo ad acquirenti esteri. Il produttore è totalmente sollevato da problemi di marketing operativo ma non esercita alcun controllo.

– l’agente di esportazione, che opera in favore dell’impresa collocando i suoi prodotti sui mercati esteri di cui egli è competente; tipicamente, risiede nel paese di sbocco. L’ agente spesso si avvale di una propria rete di vendita che gli consente di essere sempre ben informato sull’andamento del mercato. Nella categoria degli agenti rientrano parecchie varianti; tra questi i broker, figura piuttosto diffusa in taluni prodotti industriali. I broker vanno alla ricerca di compratori, non assumono alcun rischio sull’operazione e il loro compito è solo quello di mettere in contatto il compratore con il venditore. Vengono pagati a commissione.

– il distributore, che si occupa in esclusiva della vendita dei prodotti in un determinato mercato estero in nome e per conto proprio. Il distributore vende ai prezzi indicati dalla casa esportatrice e ottiene uno sconto pattuito come compenso per la sua attività; vedi Canali di distribuzione.

– il buyer, che agisce abitualmente nel campo dei prodotti di consumo adatti alla grande distribuzione. Il buyer è un intermediario che agisce per conto del compratore cioè della casa di grande distribuzione estera. Ha il compito di controllare dopo che il contratto sia stato stipulato, che tutte le sue clausole siano scrupolosamente rispettate. Per questo compito il buyer può controllare direttamente il luogo di produzione. Vengono chiamati buyer anche gli uffici acquisto delle grandi catene di distribuzione.

L’ esportazione diretta avviene soprattutto per prodotti industriali e beni di consumo durevole a causa del servizio richiesto da questi beni. Essa comporta un notevole impegno organizzativo da parte del produttore nonché professionalità specifiche e alti costi fissi. La struttura organizzativa si basa in genere su filiali che agiscono autonomamente sul mercato estero adattando la propria politica di marketing alle esigenze dei clienti locali.

B) La cessione di licenze

La cessione di licenze corrisponde al trasferimento dal produttore ad un compratore di un paese estero di un know-how o di un elemento fondamentale per la produzione e/o la commercializzazione di un prodotto o servizio. Tale forma di partnership, in ragione dei benefici che comporta, ha avuto un grande sviluppo a livello internazionale. Per l’impresa che concede la licenza (licenziante o licensor), l’accordo di licenza è un mezzo per estendere l’uso della proprietà intellettuale, penetrando un nuovo mercato senza dover effettuare investimenti diretti in impianti produttivi e reti di distribuzione. Per il licenziatario (licensee), cioè per chi usufruisce della licenza nel proprio paese, significa poter entrare in un nuovo business rapidamente e correndo rischi modesti. Per approfondimenti, si rimanda alla voce Licensing.

C) La produzione all’estero

Tra le decisioni strategiche del marketing internazionale dell’impresa quella della produzione all’estero riveste il maggior rischio e va largamente al di là dell’ambito funzionale di marketing. Il tipo di intervento produttivo in un altro paese (assemblaggio, ciclo completo, ecc.) richiede un grande impegno di tutte le funzioni aziendali qualsiasi sia la forma di intervento (la costituzione di joint-venture, acquisizione di un produttore locale, costruzione dell’unità produttiva).

La joint venture, in particolare, è quella modalità d’ingresso in un mercato straniero che prevede la costituzione congiunta di una nuova impresa, da parte dell’azienda che vuole penetrare il nuovo mercato e di una che già vi opera, al fine di ottenere un vantaggio competitivo mediante l’uso sinergico delle risorse finanziarie, fisiche o manageriali portate dalle singole imprese. È una strategia molto utilizzata dalle imprese che intendono intraprendere attività a livello globale, poiché consente loro di ottenere un rapido accesso a mercati distanti o altamente protetti, correndo rischi limitati. Per approfondimenti si rimanda alla voce Joint venture.

 

Marketing internazionale

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