Marketing mix: insieme delle leve di marketing che l’impresa definisce e impiega per soddisfare il consumatore e raggiungere i propri obiettivi di mercato.

Secondo il classico modello delle 4P ideato da McCarthy, le leve fondamentali del marketing mix sono: prodotto (Product), prezzo (Price), punto vendita o, più in generale, distribuzione (Place) e promozione o, più in generale, comunicazione commerciale (Promotion).

La scelta della combinazione ottimale dei fattori di marketing dipende prevalentemente dalla strategia di posizionamento dell’impresa e dalle caratteristiche del mercato obiettivo (propensione all’acquisto dei consumatori, concorrenti diretti e indiretti, stadio del ciclo di vita del prodotto).

 

Le leve del marketing mix

 

1.Prodotto. Il prodotto assume un ruolo centrale per l’esistenza e lo sviluppo dell’impresa e può considerarsi come la variabile del marketing mix che si pone “a monte” delle altre. Premessa necessaria, ma non sufficiente, per il successo di mercato dell’impresa è infatti quella di avere un’offerta costantemente in sintonia con le esigenze dei consumatori. Quando ciò non si verifica, l’impresa non ha alcuna possibilità di successo duraturo qualunque sia la combinazione degli altri elementi del marketing mix.

Il problema centrale della gestione del prodotto è che esso è un elemento dinamico del marketing mix, dipendendo la sua vita dalle modificazioni delle esigenze dei consumatori, dalle differenziazioni indotte dalla competizione fra imprese, dalle nuove opportunità offerte dalla tecnologia e da altri fattori collegati al rapporto prodotto/mercato come ad esempio i cambiamenti della struttura distributiva. Il prodotto è inoltre soggetto a obsolescenza, più o meno rapida, ma con cicli utili che si sono notevolmente abbreviati negli ultimi anni. Attività fondamentale della gestione di marketing del prodotto è quella di valutare continuativamente le sue performance nel mercato, attraverso ricerche quantitative, e di considerare la rispondenza dei suoi attributi con i bisogni dei potenziali consumatori, attraverso ricerche psicologiche e motivazionali. Naturalmente la gestione del prodotto si completa con la valutazione del suo apporto alla redditività dell’impresa sia in termini assoluti che in relazione al contributo degli altri prodotti aziendali. I dati di vendita, prezzo, margine sono le misure della capacità del prodotto di essere al passo con i tempi.

 

2.Prezzo. La variabile prezzo attiene alle decisioni e alle azioni associate alla definizione di obiettivi e politiche di prezzo e alla determinazione dei prezzi dei prodotti (pricing). Anche il prezzo presenta vincoli e opportunità proprio come gli altri fattori di marketing; le sue capacità di contribuire a ottimizzare il marketing mix cambiano rispetto al tipo di prodotti trattati, alla posizione dell’impresa nel canale distributivo, alla situazione concorrenziale, alla posizione nel ciclo di vita. Nello stabilire il prezzo l’azienda deve comunque tener conto di alcuni fattori che limitano la possibilità di deciderne liberamente il livello. I costi totali di produzione o di acquisto (per l’impresa commerciale) rappresentano il limite inferiore; mentre il limite superiore è dato dall’elasticità della curva di domanda.

La difficoltà pratica nasce dal fatto che l’impresa non conosce la curva di domanda e quindi non è in grado di determinare aprioristicamente il limite superiore più conveniente per l’obiettivo perseguito; essa può solo verificare ex post se il prezzo consente quelle vendite per eventualmente correggerlo man mano che acquisisce esperienza di marketing su quel prodotto. La curva di domanda ha ripercussioni anche sui costi perché il costo unitario di un prodotto dipende, per la parte del costo totale dovuta ai costi fissi, dalle unità prodotte. La scelta di un prezzo più alto consente di produrre un maggior margine di contribuzione unitario, differenza fra ricavo e costo variabile, ma limita la quantità venduta; perciò non necessariamente prezzi più alti forniscono margini totali maggiori.

 

3.Distribuzione. Intesa come leva del marketing mix, la distribuzione si concentra sulle decisioni e sulle azioni che servono a rendere disponibili i prodotti ai clienti quando e dove essi desiderano acquistarli. La distribuzione commerciale, in particolare, risponde all’esigenza di strutturare la rete di distribuzione: riguarda tipicamente le decisioni relative alla scelta dei canali distributivi, alla tipologia di intermediari commerciali e al numero dei livelli d’intermediazione da porre tra il produttore e il consumatore. La distribuzione fisica, invece, risponde al problema di come trasferire materialmente i beni dai luoghi di produzione a quelli di consumo; riguarda, in altri termini, tutte le decisioni relative al movimento fisico dei beni: la scelta del sistema logistico, la dislocazione degli impianti, dei magazzini e dei punti vendita, la quantità di scorte da tenere in magazzino, ecc.

La scelta del canale distributivo o del mix di canali ai quali l’azienda affida la distribuzione dei propri prodotti dipende dalle caratteristiche dei prodotti offerti e da quelle dei potenziali clienti, oltre che dagli obiettivi di marketing dell’azienda. Ogni tipologia distributiva permette infatti prestazioni diverse: il canale diretto (tra produttore e consumatore finale) consente un altissimo controllo ma implica notevoli costi fissi, è rischioso e di difficile avviamento; il canale lungo (caratterizzato dalla presenza di più intermediari commerciali), al contrario, necessita di pochi investimenti e rischi, è di facile avviamento ma non consente alcun controllo sulla distribuzione; al canale lungo, in genere, si associa una strategia pull in grado di condizionare l’offerta e, di conseguenza, gli intermediari commerciali. Le aziende che pensano alla distribuzione più estesa possibile (distribuzione intensiva), utilizzano contemporaneamente diversi intermediari: grossisti, dettaglianti e perfino vendite dirette cercando di ottenere effetti sinergici. Si rimanda alla voce Canali di distribuzione per maggiori approfondimenti.

 

4.Promozione. Il concetto di promotion, originariamente identificato dalla dottrina esclusivamente nella promozione propriamente detta (sales promotion), negli ultimi decenni ha subito un’evoluzione significativa in virtù della quale la promozione è stata pienamente riconosciuta in tutta la sua valenza comunicativa. L’ ambito di applicazione della disciplina è stato così esteso ben oltre la promozione delle vendite, includendo tutte le attività di comunicazione aventi finalità di carattere commerciale: la pubblicità (advertising), l’attività di comunicazione della forza di vendita (personal selling) e le relazioni pubbliche (public relations); vedi Mix promozionale per un elenco completo e dettagliato delle leve di comunicazione oggi attivabili dalle imprese. Si è così affermato un più ampio concetto di promotion, definito come marketing communication, che propone una gestione unitaria delle attività di comunicazione di marketing e che si traduce in termini organizzativi nella direzione comunicazione (vedi Comunicazione).

Il considerare la promozione come una variabile del marketing mix di pari dignità delle altre è cosa relativamente recente. Essa ha infatti raggiunto pieno sviluppo solo negli anni Ottanta, quando il mercato delle promozioni si andò professionalizzando (in seguito all’affermarsi delle agenzie di sales promotion) e si passò da un utilizzo tattico-emergenziale a un impiego strategico. Fino ad allora, e tuttora in alcune imprese meno evolute, la promozione è stata considerata come uno strumento tattico, non programmato che viene proposto per “svuotare il magazzino” o per rispondere ad azioni aggressive della concorrenza. L’improvvisazione e il dilettantismo che hanno circondato la promozione vendite hanno provocato serie delusioni nelle aziende e soprattutto hanno dato un’immagine di “parente povero” alla promozione rispetto ad altre leve del marketing mix, segnatamente la pubblicità. Si è anche affermata l’idea che la promozione vendite abbia effetti negativi sull’immagine del prodotto e dell’azienda. Solo a partire dagli anni Novanta, in seguito ad azioni promozionali condotte con notevole capacità e successo, il giudizio su questa attitudine negativa della promozione è stato corretto. La promozione, sino a quel momento considerata solo come un mero strumento delle vendite, fu così pienamente riconosciuta in tutta la sua valenza comunicativa: quando ben concepita, essa contribuisce a rafforzare l’immagine di marca (brand image) e a spingere alla fedeltà il consumatore; il beneficio aggiunto, a seconda della sua particolare natura, comunica al consumatore messaggi e valori specifici collegati al prodotto.

 

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