Ambush marketing: è il tentativo di associare un brand a un grande evento mediatico per beneficiare, in modo parassitario, della visibilità e risonanza mediatica di quest’ultimo, ovvero senza avere nessun collegamento ufficiale o diretto con l’evento medesimo e tanto meno senza sostenere i costi necessari per diventarne sponsor ufficiali.

L’ ambush marketing è stato definito come “una campagna promozionale realizzata da un’azienda per legarsi indirettamente ad un evento importante, al fine di guadagnare parte dei benefici di attenzione che ricevono gli sponsor ufficiali” (Shani David e Sandler Denis, 1999). Si tratta, infatti, di attività che interferiscono con i regolari rapporti contrattuali intercorrenti tra gli organizzatori e gli sponsor ufficiali (contratto di sponsorizzazione, licenza o simili) e ingenerano nel pubblico la convinzione che l’azienda promotrice (ambusher) sia in qualche modo collegata con l’evento stesso, ridimensionando così il riconoscimento del ruolo dell’effettivo sponsor.

Dal verbo inglese to ambush, che vuol dire letteralmente fare un’imboscata, tendere un agguato a qualcuno, l’ ambusher mira a creare un’azione di disturbo nei confronti di un’azienda sponsor (spesso sua diretta concorrente), nell’intento di accrescere la visibilità del proprio brand a discapito di una marca concorrente. Tra gli esempi di ambush marketing più noti citiamo la campagna pubblicitaria realizzata da Nike nel corso delle Olimpiadi di Atlanta del 1996. In tale occasione la Nike realizzò una vera e propria operazione di disturbo contro la rivale Reebok, sponsor ufficiale della manifestazione. Tale campagna, tra le altre iniziative, prevedeva una cartellonistica pubblicitaria di forte impatto sulle mura perimetrali degli impianti sportivi e l’allestimento di temporary shop sempre in prossimità degli impianti, lasciando implicitamente intendere al pubblico che la Nike fosse uno degli sponsor dell’evento. Pur non essendo sponsor ufficiale dell’evento, inoltre, la Nike riuscì ad ottenere grande visibilità come sponsor tecnico di molti atleti di successo: una delle foto più celebri dei Giochi olimpici di Atlanta ritrae Ben Johnson che sfoggia, oltre alle due medaglie d’oro vinte nel corso dei Giochi, anche le scarpe Nike (peraltro, color oro) utilizzate nel corso della competizione sportiva.

Da notare, infine, come gli organizzatori dei grandi eventi si siano nel tempo mobilitati per contrastare il fenomeno dell’ ambush marketing e per proteggere i diritti acquisiti dagli sponsor ufficiali, i quali sborsano ingenti somme di denaro per vedere il proprio nome o marchio associato all’evento. L’ Olympic Committee, ad esempio, cerca di ostacolare le occasioni di ambush marketing “controllando le immagini, gli official licensed souvenir e offrendo agli sponsor ufficiali opzioni preferenziali e opportunità promozionali” (Roberto P. Nelli e ‎Paola Bensi, 2005).

 

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