Display advertising: pubblicità espositiva in rete che si avvale di spazi appositamente messi a disposizione da editori e proprietari di siti web per il collocamento e l’esposizione di formati e creatività in modalità fissa o mobile.

Il banner, formato di riferimento del display advertising, viene erogato da un ad server in determinate pagine web per catturare l’attenzione dei navigatori che si trovano a visitare i contenuti di quelle pagine e spingerli ad un’interazione con l’annuncio stesso. A differenza dei mezzi tradizionali dove l’esposizione al messaggio pubblicitario rafforza la notorietà della marca dell’inserzionista, sui media digitali permette di collegare l’utenza direttamente a un sito web o a un servizio e, quindi, di incrementare le vendite o i lead. La finalità del display advertising, in altri termini, non è tanto quella di pubblicizzare un prodotto o servizio, quanto quella di invogliare l’utente che lo vede a compiere una determinata azione, tipicamente cliccare sull’annuncio, venendo, in tal modo, reindirizzati sul sito dell’inserzionista.

L’ ad server consente all’inserzionista di definire i principali criteri di pianificazione delle proprie campagne di display advertising (targeting, impression, posizionamento degli annunci, frequenza d’esposizione, ecc.) e monitorarne l’andamento in tempo reale, in termini di ad impression erogate, click effettuati, lead o vendite generate, ecc. Gli ad server, inoltre, sono spesso interconessi ad altre piattaforme di gestione ed erogazione della pubblicità online, come ad exchange e ad network, al fine di aumentare l’offerta di spazi pubblicitari per gli advertiser.

Le logiche di buying. In linea di massima, il display advertising segue logiche di pianificazione (v. media planning) e acquisto (v. media buying) simili a quelle adottate per le campagne pubblicitarie sui mezzi tradizionali, quali tv, radio ecc. Per determinare il valore di uno spazio pubblicitario si prendono in considerazione parametri quali l’audience potenzialmente raggiungibile dal veicolo, il suo posizionamento all’interno del sito web, il tempo di permanenza dell’annuncio on-line, le dimensioni, il formato, ecc. Come per i media tradizionali, inoltre, l’acquisto di display advertising (per conto di clienti di medie e grandi dimensioni) viene effettuato mediante una negoziazione tra il centro media e la concessionaria pubblicitaria; anche se è in forte crescita la quota di display advertising acquistata su base programmatica (v. Programmatic Buying) con l’ausilio di piattaforme automatizzate (v. ad exchange).

Display advertising: Pay Per View vs Pay Per Performance

Internet è l’unico medium in cui l’inserzionista paga la campagna pubblicitaria in base ai risultati realmente ottenuti. Questi ultimi possono essere misurati attraverso specifici indici (ad esempio, il CTR, il tasso di apertura dem/newsletter) e volumi (visite, click, unique visitor, volumi di ricerche, vendite, iscrizioni, sottoscrizioni, ecc.). Le modalità di acquisto delle campagne di display advertising possono, dunque, variare in funzione degli obietti delle singole iniziative. Semplificando, possiamo dire che il display advertising può essere diretto a generare attenzione o azione. Nel primo caso si incorre nelle campagne di awareness che mirano ad ottenere visibilità, mentre nel secondo caso in quelle di direct marketing o direct response che stimolano l’utente e lo inducono a compiere determinate azioni. Di conseguenza,

– per le campagne di awareness, si possono prendere in considerazione il CPM (cost per mille), i contatti o i GRP in target, il costo per contatto o il CPG (cost per GRP);

– nel direct response, invece, si acquista a CPC (cost per click), CPL (cost per lead) o CPA (cost per action).

Gli indicatori di awareness rientrano in un modello di investimento pubblicitario che si basa sull’esposizione, ossia sul numero di esposizioni (impression) veicolate, mentre i secondi adottano un modello che si basa sui risultati dell’esposizione e dunque sul numero di risposte generate dall’azione pubblicitaria. In maggiori dettagli, le principali modalità di acquisto sono:

1. Cost per mille (CPM), costo per migliaia di impression. È un indicatore di efficienza impiegato in fase di pianificazione di una campagna pubblicitaria per valutare l’economicità di un piano mezzi o di un singolo avviso. Si ottiene dividendo il costo della campagna pubblicitaria (o di un annuncio) per il numero totale di impression servite dall’ad server per quella campagna (o annuncio) e, quindi, moltiplicando il risultato per mille (vedi Cost per mille per approfondimenti).

2. GRP (Gross Rating Point). Indice della pressione pubblicitaria esercitata da un mezzo o veicolo pubblicitario sul target group. Nel display advertising, misura la quantità di comunicazione prodotta da una campagna di display advertising rispetto a un determinato target group in un determinato periodo di tempo. È dato, come per i media classici, dal prodotto tra la copertura ottenuta e la frequenza media, laddove però tali parametri, si determinano ricorrendo alle specifiche metriche di misurazione dell’esposizione pubblicitaria in Rete.

Net Reach = (Unique Viewers / Target Audience) x 100

OTS = Impressions / Unique Viewers

Digital GRP = (Impression / Target Audience) x 100.

Nella sua espressione semplificata, dunque, il digital GRP si esprime nel rapporto percentuale tra il numero complessivo di impression generate dalla campagna con riferimento a un dato target e l’entità stessa del target (vedi GRP per approfondimenti).

3. Cost Per Click (CPC). È il costo unitario sostenuto dall’inserzionista per ogni click generato da un’inserzione a pagamento. Si ottiene dividendo il costo dell’azione pubblicitaria per il numero di click generati dalla campagna (vedi Cost per click).

4. Cost Per Lead (CPL). È costo corrisposto dall’inserzionista per ogni lead generato attraverso una’iniziativa di marketing in un dato intervallo temporale. Si ottiene dividendo il costo dell’azione pubblicitaria per il numero di lead generati dalla campagna (vedi Cost per lead).

5. Cost Per Action (CPA). È il costo monetario corrisposto dall’inserzionista per ogni utente esposto all’annuncio che compie una specifica azione – identificata dall’inserzionista quale obiettivo dell’iniziativa pubblicitaria – in risposta agli stimoli trasmessi dall’annuncio medesimo: ad esempio, l’atto di sottoscrizione di una newsletter (vedi Cost per action).

6. Cost Per Acquisition (CPA). È il costo unitario sostenuto dall’inserzionista per ogni conversione ottenuta attraverso un’iniziativa di marketing. Il cost per acquisition si ottiene dividendo il costo dell’azione pubblicitaria per il numero di conversioni generate dalla campagna (vedi Cost per acquisition).

 

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