Branded content: un contenuto di tipo informativo, educativo o di intrattenimento creato o commissionato da un’impresa per comunicare la marca e i suoi valori in contesti rilevanti e affini agli interessi del target group, al fine di catturare l’attenzione, coinvolgere il pubblico e sviluppare relazioni durature e profittevoli con i clienti.

Il branded content è il risultato di una strategia promozionale inbound che consente all’impresa di attrarre l’attenzione dell’individuo e veicolare l’identità di marca con logiche non intrusive (pull advertising), ovvero senza in nessun modo intromettersi e interrompere la fruizione di un mezzo di comunicazione: l’utente è libero di scegliere se fruire o meno del contenuto proposto e, dunque, se presta attenzione al contenuto e non cerca di eluderlo, è perché lo ritiene di suo interesse e non lo vive negativamente come una forma di intrusione. L’ advertising tradizionale, al contrario, segue una logica di tipo push: per catturare l’attenzione del consumatore, lo distrae e ne interrompe la fruizione dei contenuti, rimarcando così una più evidente finalità commerciale.

Le caratteristiche distintive del branded content

Secondo una nota definizione, “branded content is any output fully/partly funded or at least endorsed by the legal owner of the brand which promotes the owner’s brand values, and makes audiences chose to engage with the brand based on a pull logic due to its entertainment, information and/or education value” (Branded Content Marketing Association, 2016).

Da ciò si evince la sua duplice natura e finalità: il branded content deve essere in grado di esprimere i valori identificativi del brand e, al contempo, attrarre e coinvolgere il target in una logica attrattiva (pull), fornendo contenuti (in linea con gli interessi del target) di tipo informativo, educativo o di intrattenimento (e, dunque, senza avere come finalità immediata la vendita). Ne dobbiamo dedurre che:

1) Il branded content deve anzitutto essere percepito come un contenuto rilevante e di valore per l’utente, nel senso che deve essere in grado di rispondere a un suo reale bisogno e deve avere una qualità e credibilità tale da poter competere con le altre offerte editoriali presenti sul mercato e, quindi, tanto il branded content prodotto dalla concorrenza quanto i contenuti editoriali non legati ad alcuna marca che trattano del medesimo tema.

2) Il contenuto proposto, oltre che rilevante per l’utente, deve essere coerente con il contesto nel quale è inserito: se veicolato mediante un paid media, il contenuto sponsorizzato dal brand è assimilabile, sia per le tematiche trattate che dal punto di vista estetico, ai contenuti editoriali del mezzo o veicolo che lo ospita e dunque risulta perfettamente integrato rispetto agli altri elementi (non sponsorizzati) che lo circondano, grazie anche all’uso di formati ottimizzati per ogni singolo canale o piattaforma presidiata dall’impresa (vedi Native advertising). L’ identità del brand, infatti, viene trasferita all’interno di un contenuto appositamente concepito per il mezzo attraverso il quale verrà distribuito, in funzione delle sue caratteristiche specifiche. L’ obiettivo è quello di rendere il brand parte integrante della storia che il contesto editoriale racconta.

3) Il contenuto proposto, oltre che rilevante per l’utente e coerente con l’ecosistema in cui vive, deve essere in grado di riflettere la marca e le sue caratteristiche. A tale scopo, l’impresa adotta un approccio di storytelling, ossia racconta la propria storia tramite forme di narrazione che, facendo leva sulle emozioni, siano in grado di trasferire l’unicità e il vissuto dell’impresa, con lo scopo ultimo di costruire relazioni coinvolgenti e interattive con il cliente, sia esso esistente o potenziale.

Vantaggi e svantaggi del branded content

Il branded content è uno strumento di comunicazione sempre più apprezzato:

1) dalle aziende, per la sua capacità di coinvolgere il target e di veicolare efficacemente i messaggi di comunicazione;

2) dagli editori, per la sua capacità di arricchire l’offerta editoriale con contenuti di valore (e generare una nuova fonte di introiti pubblicitari);

3) dai consumatori, per la sua capacità di generare valore in funzione delle aspettative del target e delle possibilità di diffusione e di condivisione dei contenuti tra il pubblico; il vantaggio più immediato per l’utente è quello di usufruire gratuitamente di contenuti di proprio interesse.

Branded content vs Advertising. Se paragonato a forme pubblicitarie tradizionali, il branded content si dimostra nettamente più efficace nel catturare l’attenzione di nicchie di consumatori con bisogni specifici. Come è facilmente intuibile, un contenuto sponsorizzato di qualità, in linea con gli interessi del consumatore, avrà maggiore successo di un formato tabellare di tipo tradizionale. Di contro, il branded content implica costi di produzione elevati e presenta una minore scalabilità rispetto alla pubblicità tradizionale. Esso, infatti, richiede creatività e messaggi declinati per ogni mezzo impiegato ed è dunque molto difficile raggiungere un’ampia copertura di pubblico senza investimenti pubblicitari. I formati pubblicitari standard, invece, sono più scalabili, poiché concepiti per essere utilizzati su più veicoli pubblicitari. Per la medesima ragione, i risultati sono più facilmente comparabili, laddove con il branded content si presenta una maggiore difficoltà di misurare i risultati e il ritorno sull’investimento (ROI).

I formati di branded content marketing e le modalità di diffusione dei contenuti

Il branded content può assumere molteplici forme come film, programmi televisivi, eventi aziendali, convention, presentazioni live, ecc. e può essere veicolato attraverso svariati mezzi di comunicazione. Limitandoci all’ambito digital, i formati di branded content marketing più usati per comunicare l’essenza della marca e alimentare le conversazioni online sono: branded video, le newsletter, article posting (sito/blog proprio o di terze parti), customer magazine, white paper, photogallery, social post, mobile app, online games, webinar/webcast, file audio/podcast e libri/eBook.

Per quanto riguarda la distribuzione del branded content, questa tipicamente si concretizza in un mix tra owned e paid media. Nel dettaglio, la distribuzione dei contenuti di marca può avvenire attraverso:

1) Owned media: sono i canali di comunicazione di proprietà dell’azienda (website aziendali, corporate blog, house organ, e-mail, e-magazine, app, ecc.) o da essa controllati (le pagine ufficiali di Facebook o altro canale sui social media gestito direttamente dall’azienda).

Offrono all’impresa l’opportunità di stabilire un dialogo continuativo e interattivo con la clientela, a fronte di investimenti ridotti o nulli. Rispetto all’advertising classico, infatti, tali mezzi offrono l’evidente vantaggio di richiedere investimenti nettamente inferiori da parte dell’impresa. D’altra parte, è molto difficile raggiungere un’ampia copertura di pubblico senza investimenti pubblicitari.

2) Paid media: sono gli spazi pubblicitari acquisiti a pagamento sui mezzi di comunicazione, tradizionali (televisione, stampa e radio) e new media (pc, mobile, tablet e console). Offrono all’impresa l’opportunità di incrementare la notorietà della marca nei confronti del pubblico e di stimolare atteggiamenti e comportamenti nel target group allineati con la strategia e gli obiettivi di marketing da conseguire.

L’ advertising veicolato dai tradizionali mezzi di comunicazione può raggiungere reach elevate ed è più focalizzato sugli obiettivi di breve periodo. Adottare una strategia di content marketing veicolata da owned media significa, al contrario, operare nella direzione di fidelizzare la clientela, ovvero fare riferimento a una precisa strategia di lungo periodo, volta a favorire un dialogo attivo con il target group per influire sulle sue decisioni di acquisto future.

Rientra in questa categoria il native advertising, che è un paid media alternativo all’advertising classico, dal momento che riesce ad attirare l’attenzione in modo non intrusivo. I formati nativi, essendo pianificati con logiche contestuali (v. Contextual advertising), offrono alla marca la possibilità di integrarsi in un contesto editoriale affine o di interesse per il target. Per un quadro completo dei formati e delle peculiarità si rimanda alla voce native advertising.

3) Earned media: sono gli spazi di visibilità guadagnati, ovvero ottenuti in modo gratuito grazie alla diffusione spontanea del contenuto da parte di soggetti terzi. Rappresentano tutte le occasioni di visibilità per l’impresa o la marca che derivano da una spontanea attività della rete: ad esempio, gli utenti che condividono sui social media opinioni positive riguardo un brand e i suoi contenuti, oppure postano nei blog e nei forum commenti positivi sulle attività, sui prodotti o sull’assistenza che l’impresa riserva ai clienti. Rientrano in questa categoria le attività di social media marketing e digital PR: articoli redazionali, citazioni su testate online, blogger autorevoli che parlano (bene) di un’azienda o marca senza che essa ne risulti ufficialmente la fonte (vedi Publicity).

 

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