Media planning. La pianificazione media descrive il processo nel quale, a fronte di un’offerta smisurata e trasversale di possibili spazi e investimenti, si arriva a selezionare i canali e i veicoli più idonei ai fini del raggiungimento degli obiettivi di comunicazione di una specifica campagna pubblicitaria.

L’attività di media planning viene, in genere, svolta dai centri media o dalle agenzie pubblicitarie per conto delle aziende clienti, ma nel caso di imprese di piccole e medie dimensioni, la pianificazione mezzi è più spesso frutto di accordi diretti fra l’azienda e la concessionaria o l’editore.

Media planning vs media strategy. A partire dagli anni Duemila, a seguito della moltiplicazione delle opportunità di comunicazione e della conseguente frammentazione delle audience, il concetto di media planning ha subito un’evoluzione significativa, in virtù della quale la pianificazione pubblicitaria è stata pienamente riconosciuta in tutta la sua valenza strategica. Nello sviluppo di questa disciplina si sono così differenziate due diverse specializzazioni, che attengono a fasi diverse di sviluppo del processo di pianificazione: la formulazione della strategia (planning strategico) e la sua implementazione (planning funzionale e operativo).

In termini generali l’obiettivo della pianificazione mezzi è quello di individuare, fra tutti i possibili canali identificati in fase di progettazione strategica, quelli che meglio si prestano a conseguire gli obiettivi della campagna in funzione del loro contributo all’efficacia e all’efficienza del piano di comunicazione.

L’efficacia si misura nella capacità del piano pubblicitario di raggiungere gli obiettivi preposti e, quindi, il tipo di risposta che si vuole ottenere (memoriale, di vendita ecc.). L’efficienza si traduce nel massimizzare questi risultati a parità di risorse investite o, viceversa, di minimizzare l’investimento necessario al raggiungimento di una determinata risposta del consumatore. (Bonori e Tassinari, 2011).

Se la media strategy individua le modalità più efficaci di collocazione delle risorse economiche in funzione degli obiettivi di comunicazione e si sostanzia nella selezione e nella combinazione dei mezzi che meglio si prestano a conseguire gli obiettivi medesimi, il media planning riguarda la selezione dei veicoli più efficaci ed efficienti in rapporto al target e include la definizione della migliore calendarizzazione delle uscite.

La divisione tra i due momenti, quello strategico e quello operativo, non deve però essere intesa nel senso più letterale. Come vedremo, infatti, nel prosieguo del testo, ai fini dell’elaborazione del piano mezzi queste due fasi non sempre sono nettamente distinguibili.

Le fasi del processo di media planning

Il processo di pianificazione si articola in diverse fasi, che possono essere così sintetizzate:

1) Analisi della concorrenza, del consumatore e della marca

– analisi degli investimenti media: phasing, media mix, stagionalità, dettagli dei piani media dei principali competitor;

– analisi della storia creativa dei principali competitor e comprensione della message strategy;

– collezione e studio dei dati di mercato e consumer;

– raccolta di informazioni inerenti alla conoscenza/opinione di marca e al comportamento di acquisto verso la stessa;

2) Progettazione della strategia media

– definizione degli obiettivi del piano;

– stima della soglia ottimale di investimento;

– scelta dei mezzi di comunicazione;

– scelta dei periodi di campagna;

– scelta della tecnica e dell’approccio pubblicitario da adottare;

3) Definizione di un piano media in linea con le indicazioni strategiche

– valutazione delle politiche commerciali: listini, palinsesti, previsioni di audience;

– selezione dei canali/veicoli da utilizzare;

– definizione dei calendari;

– verifica delle disponibilità presso editori e concessionarie;

4) Acquisto vero e proprio degli spazi pubblicitari

– negotiation strategy (accordo quadro, accordo per flight, ecc);

– valutazione di eventuali opportunità commerciali in linea con le direttive strategiche;

– calendario definitivo con il timing dettagliato della pianificazione;

5) Messa in onda della campagna

– controllo delle uscite;

– attivazione di eventuali contestazioni;

6) Valutazione dei risultati della campagna

– confronto con le previsioni: verifica di conformità e coerenza tra risultati di pianificazione (reali) e Plan Architecture;

– misurazione del ritorno dell’investimento (ROI): se i canali digitali generano risultati concreti e puntuali, per i media tradizionali, i risultati si valutano, in genere, attraverso focus group che permettono di rilevare i miglioramenti del ricordo del marchio e dell’intenzione di acquisto.

La scelta dei mezzi di comunicazione

Il media planner, nel suo lavoro di scelta e selezione dei mezzi e dei veicoli, ha come obiettivo quello di costruire un piano media in grado di soddisfare gli obiettivi di comunicazione, assicurando al prodotto o alla marca una veicolazione pubblicitaria efficace ed efficiente.

Da un punto di vista sequenziale il procedimento che porta all’individuazione dei mezzi più giusti per una specifica campagna è relativamente semplice. Una prima selezione di canali potenzialmente utili viene effettuata tenendo conto di alcuni fattori fondamentali, come il budget disponibile e i costi delle diverse opzioni, le caratteristiche del target e, in particolare, il suo consumo mediatico, la natura del prodotto, i risultati forniti da un determinato mezzo negli anni precedenti, le peculiarità di ogni mezzo, le attività di comunicazione dei brand concorrenti.

Dopo aver individuato quali mezzi possono effettivamente concorrere al raggiungimento degli obiettivi prefissati, si procede a classificarli da tre punti di vista: la penetrazione, l’affinità in rapporto al target che si vuole raggiungere e il costo per contatto. Partendo da queste graduatorie e tenendo conto delle valutazioni qualitative riguardanti ciascun mezzo (sul punto vedi Media mix), il media planner ipotizza varie combinazioni di mezzi.

Questa operazione viene effettuata essenzialmente sulla base dell’esperienza del media planner (in ragione della sua conoscenza dell’offerta pubblicitaria), ma anche tramite l’utilizzo di software informatici specializzati che consentono di ottimizzare le scelte. Quando, attraverso l’utilizzo di questi tool di pianificazione, il media planner ha prodotto più piani alternativi, li confronta allo scopo di scegliere il migliore, ovvero quello in grado di garantire al prodotto o alla marca la massima visibilità al minor costo. La scelta viene fatta simulando le probabili prestazioni dei vari piani alla luce degli indicatori di comunicazione ed economici sopra accennati.

Dopo aver costruito il piano teorico ottimale, il planner ne verifica la fattibilità attraverso un confronto con editori e concessionarie di pubblicità, dando così il via al processo di acquisto vero e proprio degli spazi pubblicitari (vedi Media buying).

Gli indicatori di pianificazione

Per poter valutare le alternative disponibili, sia in termini di mezzi e veicoli, sia come piani, è necessario disporre di “unità di misura” che consentano di quantificare le caratteristiche dei diversi mezzi. Di seguito vengono illustrati i principali indicatori statistici utilizzati nella pianificazione pubblicitaria dei mezzi off line:

– la audience di un mezzo/veicolo: è la somma degli individui che fruiscono di quel mezzo/veicolo in un preciso arco temporale. Possono essere lettori delle testate stampa, spettatori della televisione, ascoltatori della radio, ecc.

– i contatti ottenuti da una campagna: i contatti netti sono la somma degli individui appartenenti al target esposti alla campagna; è lo stesso valore della copertura, espresso in numero assoluto. I contatti lordi, invece, indicano il numero di persone raggiunte dalla campagna al lordo delle duplicazioni di esposizione; si ottengono dal prodotto tra contatti netti e frequenza.

– la copertura del target (o reach): è la quota (in percentuale) del target che viene raggiunta almeno una volta dalla campagna. Si calcola come rapporto percentuale tra i contatti netti generati dalla campagna e l’entità del target preso come obiettivo.

– la frequenza media di esposizione (o OTS: Opportunity To See): indica il numero medio di volte che un individuo appartenente al target è esposto (o potenzialmente esposto) al veicolo o alla campagna; è data dal rapporto tra contatti lordi e netti.

– la penetrazione di un mezzo: è la percentuale del target raggiunta da quel mezzo in un periodo di tempo definito; rappresenta il limite massimo che può raggiungere la reach di una campagna pianificata su quel mezzo.

– l’affinità in rapporto al target: è la quota (in percentuale) di lettori o ascoltatori appartenenti al target rispetto al totale lettori o ascoltatori di quel veicolo; si calcola come come rapporto tra l’audience totale del veicolo e l’entità del target preso come obiettivo. Tipicamente si esprime attraverso un indice che misura la prossimità fra l’audience del veicolo che si sta analizzando e la target audience che si vuole raggiungere (vedi Indice di affinità).

– il GRP (Gross Rating Point): è un indicatore della pressione pubblicitaria di un piano o di un mezzo nei confronti del target. È dato dal prodotto tra la copertura e la frequenza media. Si può calcolare anche come rapporto percentuale tra il numero di contatti lordi realizzati dal piano con riferimento a un dato target e l’entità stessa del target.

– il CpC (Costo per Contatto): è un indicatore di economicità, dato dal rapporto tra il costo pubblicitario e il numero di contatti generati da un mezzo/veicolo o dal piano. Di norma, l’unità di misura di riferimento è il CPM (costo per mille contatti): è il costo che deve essere sostenuto per raggiungere 1.000 individui appartenenti al target.

– il CpG (Costo per Grp): rapporto tra il costo di un mezzo o di un piano e il numero di GRP sviluppati dallo stesso.

Il Piano mezzi

L’obiettivo di un piano media è quello di distribuire il budget pubblicitario nel tempo fra i vari mezzi decidendo la pressione pubblicitaria nella maniera più opportuna, tenendo conto del ruolo assegnato a ciascun mezzo all’interno della campagna e del relativo costo di utilizzo. La regola fondamentale che guida il processo di pianificazione è più concretamente quella di generare la maggior pressione pubblicitaria con il budget disponibile, ovvero massimizzare l’esposizione al messaggio del target e al contempo minimizzare i costi.

A parità di impatto del messaggio, la forza dell’azione pubblicitaria dipende da quanto i mezzi scelti sono in grado di raggiungere il target prescelto e dal numero di volte in cui il messaggio pubblicitario viene ripetuto. L’indicatore di sintesi di questo risultato è il GRP (Gross Rating Point), dato dal prodotto tra copertura e frequenza media. Se ne desume che gli stessi GRP possono essere ottenuti con diverse combinazioni di reach e frequency (tra questi due parametri esiste una relazione inversa).

In sostanza quindi il processo di media planning comporta la calibratura di questi due parametri al fine di conseguire la copertura e la frequenza appropriate del messaggio per la target audience. Nella pianificazione mezzi è pertanto necessario stabilire sia il numero di GRP obiettivo, sia con che valori di copertura e frequenza si vuole raggiungerli: occorre cioè definire il livello di reach (o copertura) e frequenza efficace, definito come Effective Frequency Reach (Copertura a Frequenza Efficace), spesso abbreviato in Effective Reach.

Viene definita frequenza efficace il numero medio di esposizioni a un medium che si ritengono necessarie per ottenere una specifica risposta da parte degli individui contattati. In linea di massima, tutti coloro che vengono raggiunti un numero di volte che è di molto inferiore o superiore a quello indicato come frequenza efficace rappresentano contatti sprecati: o non si raggiunge una soglia di attenzione sufficiente per diffondere il messaggio o si crea disinteresse in seguito alla sovraesposizione all’annuncio.

Per copertura efficace, invece, si intende il numero di individui appartenenti al target group che sono stati esposti a una data campagna un numero di volte uguale o superiore alla classe di frequenza considerata efficace (effective frequency) per conseguire uno specifico obiettivo di comunicazione. Per determinare la classe di frequenza che può considerarsi efficace, tipicamente si ricorre alla distribuzione di frequenza, ossia alla ripartizione dei contatti in relazione al numero di esposizioni al messaggio pubblicitario: numero di persone raggiunte solo una volta, solo due volte, e così via.

Le tecniche di pianificazione pubblicitaria

La distribuzione della pressione pubblicitaria all’interno dello stesso arco temporale può avvenire in modi diversi. Fondamentalmente sono tre le tecniche di pianificazione a cui il media planner può ricorrere: continuità, burst e flighting. Più nel dettaglio:

La pianificazione continuativa consiste nel garantire una presenza continuativa del prodotto pubblicizzato nel tempo (lungo tutto l’arco del periodo di stagionalità), a un livello di pressione relativamente contenuto. Una pianificazione di questo tipo può essere la soluzione migliore per quei prodotti con elevato tasso di riacquisto (i beni di largo consumo) che, devono proprio puntare sulla frequenza per mantenere la loro awareness sostanzialmente stabile nel tempo. Quando la stagionalità è trascurabile, più in generale, la pianificazione della pubblicità è continuativa nel corso di tutto l’anno, sempre che il budget lo consenta.

La pianificazione continuativa si fonda sul presupposto che in ogni settimana dell’anno esistono consumatori che, avendo esaurito il prodotto, si trovano nella necessità di ripeterne l’acquisto. Questa tecnica è nota anche con il nome di media recency, che ne sottolinea il proposito di intercettare temporalmente queste opportunità.

Il modello Burst, all’opposto, prevede la concentrazione della pressione pubblicitaria in un arco temporale molto ristretto: alti livelli di pressione pubblicitaria giornaliera/settimanale distribuiti su un numero ridotto di settimane di attività. Pianificazioni più concentrate nel tempo sono preferibili in presenza di mercati fortemente concentrati nelle quote di mercato o caratterizzati da un’elevata stagionalità delle vendite.

Flighting, cioè alternarsi di blocchi di spot (flight) a periodi di assenza dell’attività comunicativa. Comunicare per flight significa concentrare la pressione pubblicitaria solo in certi periodi di campagna, che vengono alternati a periodi di assenza dell’attività comunicativa (hiatus). Quest’ultimi, in genere, hanno una durata tale da minimizzare la decrescita del ricordo spontaneo della pubblicità nel periodo di inattività che intercorre tra un flight e il successivo (interonda minima). Le campagne articolate su più flight nel corso dell’anno, pertanto, consentono di massimizzare i livelli di ricordo e favorire un rapido spostamento delle preferenze d’acquisto.

Fonti:

– Strategia in pubblicità. Dall’intelligenza, la magia di Marco Lombardi e Mindshare, edito da FrancoAngeli nel 2017;

– Come misurare il ritorno della pubblicità di Vittorio Bonori e Giorgio Tassinari, pubblicato da Il Sole 24 Ore nel 2011.

 

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